Quanto conta LA GENETICA per la perdita di grasso?

Questa è una motivazione per chi crede di non farcela e avvalora le sue convinzione con la scusa della genetica. “Sono sempre stato grasso/a di costituzione, genetica etc etc.. sono in sovrappeso sin da piccolo/a etc etc…”

MA!

Un team di ricercatori ha testato ben 339.224 individui. 
Tali ricercatori hanno attribuito SOLO IL 2,7% ALLA GENETICA COME POSSIBILITA' DI VARIAZIONE DEL BMI (Body Mass Index, o indice di massa corporea)
Qua trovate lo studio:

Genetic studies of body mass index yield new insights for obesity biology

C'è un ruolo centrale che viene confermato del SISTEMA NERVOSO nella sua funzione sinaptica:
  • di segnalazione del glutammato 
  • di regolamentazione della secrezione di insulina 
  • di regolamentazione del metabolismo energetico e lipidico 
  • e sull'adipogenesi.

Che significa tutto questo?
TUTTI POSSONO DIMAGRIRE (perdita di massa grassa) E RIMETTERSI IN FORMA...chi con maggiore difficoltà e chi meno... Contano molti altri fattori, soprattutto quello MOTIVAZIONALE!

MA!

Soprattutto conta COME si mangia e QUANTA e QUALE attività fisica si fa giornalmente.

STRETCHING GLOBALE: metodologia e tecnica

di Gianni Postiglione  (articolo tratto da Quality Club di Gennaio 2012 per concessione della NABBA Italia)

In premessa, evidenzio che lo Stretching (tensione, allungamento), inventato dal californiano Bob Anderson nei primi anni 70 del secolo scorso, è considerato un metodo funzionale all'allungamento e alla flessibilità muscolare e alla mobilità articolare. 
Questo tipo di Stretching muscolare classico (distrettuale) consiste in esercizi di allungamento di specifici distretti muscolari attraverso due fasi: la prima fase, per il primo livello di allungamento; la seconda fase, per un secondo livello di allungamento, dopo un rilasciamento muscolare. 
Dallo Stretching iniziale di Bob Anderson, ormai poco utilizzato – in diversi decenni – sono stati sviluppati molti altri metodi: in questa sede prenderemo in esame lo "Stretching globale attivo", il più efficace ed utilizzato.
Si differenzia dagli altri metodi perché si ritiene che solo gli allungamenti globali siano efficaci e perché prevede l'allungamento dolce e progressivo non del singolo muscolo, ma di diverse catene muscolari contemporaneamente. Esso deriva dalla Rieducazione Posturale Globale (RPG), ideata dal terapista francese Souchard e trova applicazione, specialmente, nel trattamento delle retrazioni delle catene muscolari statiche.
Lo Stretching globale attivo è così definito perché, metodologicamente, si prefigge l'allungamento globale delle catene miofasciali, con l'aiuto di contrazioni isometriche eccentriche eseguite dal soggetto (attivo). Esso si attua attraverso l'esecuzione di determinate posizioni, definite "posture", da mantenere per alcuni minuti allo scopo di elasticizzare le catene muscolari ipoestensibili o retratte, che sono individuate a priori attraverso l'accurato esame morfo-posturale del soggetto.
Per il conseguimento degli obiettivi, nelle attività motorie, fisiche, sportive e di prevenzione, salute dinamica, benessere, Fitness (Wellness), di movimento per il miglioramento della qualità della vita, di corretta cultura del corpo è necessaria la componente programmatica dello Stretching globale attivo, soprattutto per la correlazione con la riprogrammazione posturale. Conoscere la propria postura è come conoscere se stessi.

Nella professionalità dell'Operatore di Fitness Posturale, la conoscenza dello Stretching globale attivo è determinante e costituisce una ragione trainante di occupabilità. 
Per altro, entra a pieno titolo nell'Allenamento Funzionale, una metodologia di allenamento attuale, ma non ancora totalmente padroneggiata nella docenza nelle problematiche sportive, nella prevenzione e nella salute dinamica.




RIFLESSO DI STIRAMENTO E RIFLESSO MIOTATICO INVERSO
È indispensabile chiarire, dal punto di vista neurofisiologico, le funzioni e i meccanismi di evocazione del riflesso di stiramento (o miotatico) e del riflesso miotatico inverso. 
Lo stiramento di un muscolo (fibre muscolari extrafusali) provoca un allungamento anche delle fibre intrafusali, disposte in parallelo. 
Questo allungamento delle fibre intrafusali determina, innanzitutto, l'eccitazione delle fibre afferenti che possiedono una bassa soglia di stimolazione.
Le afferenze giungono alle corna posteriori del midollo e, attraverso un collegamento monosinaptico, stimolano gli alfa motoneuroni che innervano il muscolo inizialmente stirato, il quale si contrae (riflesso di stiramento).
In pratica si determina un'autoregolazione della lunghezza del muscolo che preserva il sistema miofasciale dagli stiramenti bruschi o eccessivi. Inoltre, alcune afferenze Ia, per via polisinaptica, vanno a scaricarsi sui motoneuroni alfa dei muscoli antagonisti di quello stirato, facilitandone l'inibizione e il rilassamento.


Con effetto ritardato, perché hanno una soglia di eccitazione più elevata, partono le afferenze IIa, che attraverso un collegamento polisinaptico, operano in sinergia funzionale con le afferenze Ia.
Invece, gli organi muscolo tendinei del Golgi (tensorecettori), disposti in serie rispetto ai muscoli, vengono attivati quando la contrazione muscolare raggiunge una certa soglia e da essi partono delle afferenze che tramite le fibre Ib giungono alle corna grigie posteriori del midollo e, per via polisinaptica, vanno a inibire i motoneuroni alfa e gamma del muscolo in contrazione e ad eccitare gli alfa motoneuroni dei muscoli antagonisti.
In pratica l'attivazione delle fibre Ib rilascia il muscolo sottoposto a tensioni e facilita la contrazione degli antagonisti, provocando l'inibizione dello stesso muscolo e di quelli sinergici (inibizione autogena).
Questo "meraviglioso"meccanismo neurofisiologico rappresenta una sorta di protezione del sistema miofasciale da tensioni e contrazioni eccessive ed è denominato riflesso miotatico inverso.



I METODI DELLO STRETCHING
Stretching in lingua inglese letteralmente significa stiramento, allungamento, ma in realtà con tale termine s'intende un insieme di metodi finalizzati al miglioramento dell'elasticità miofasciale e, conseguentemente, della mobilità articolare.
I metodi di stretching si possono dividere in: globali e settoriali.

Il metodo globale attualmente più diffuso è denominato "Stretching Globale Attivo", ideato, negli anni novanta dal terapista francese P.E.Souchard. Esso è utilizzato, in particolare, nella prevenzione e nel trattamento delle retrazioni delle catene muscolari statiche e prevede l'allungamento contemporaneo di diverse catene muscolari, mediante "posture di stiramento".

Lo stretching settoriale, invece, prevede l'allungamento di un solo settore muscolare o di un singolo muscolo alla volta. Esso trova notevole applicazione nelle attività sportive, nel Fitness e in diversi protocolli riabilitativi. Molti anni addietro, era in uso un metodo di allungamento settoriale definito "balistico" che consisteva nella contrazione rapida dei muscoli antagonisti del distretto muscolare che s'intendeva allungare (molleggi ripetuti).

Questo metodo, per fortuna, è in disuso da molti anni, perché si è visto che oltre ad evocare il riflesso di stiramento con conseguente irrigidimento del muscolo, poteva provocare microlacerazioni delle strutture miofasciali.
Lo stretching "statico" o "passivo", invece, è un metodo settoriale proposto da B. Anderson alla fine degli anni '70.
Un metodo di stretching settoriale molto efficace è quello denominato "post-isometrico" o "P.N.F."(Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation), che si basa sui principi del metodo di riabilitazione neuromotoria (PNF) ideato da H.Kabat e ripreso successivamente da M.Knott e D.Voss, in ambito riabilitativo.
Questo metodo, in pratica, prevede che il distretto muscolare da allungare venga prima sottoposto ad una contrazione isometrica (statica) di pochi secondi e subito dopo situato in allungamento.


I METODI DELLO STRETCHING
STRETCHING BALISTICO
STRETCHING STATICO O PASSIVO (Anderson, 1980)
STRETCHING POST-ISOMETRICO O PNF (Kabat, 1950 – Knott e Voss, 1968)
STRETCHING GLOBALE ATTIVO (Souchard, 1995)


Qualsiasi manovra di stretching è distinta in 4 "fasi" sequenziali:
  1. messa in tensione
  2. mantenimento della tensione
  3. ritorno
  4. riposo prima di una nuova ripetizione

La fase 1, che non deve raggiungere la soglia del dolore, e la fase 3 si eseguono lentamente e, in genere, gradualmente, mentre la fase 4 generalmente non dovrebbe superare i 60 secondi.
La fase 2, quella ritenuta più importante per l'allungamento muscolare, dovrebbe durare tra i 30 e i 60 secondi.

Il soggetto, durante le tecniche di stretching, deve respirare in modo lento e ritmico concentrandosi su espirazioni prolungate e rilassate. Purtroppo molti soggetti presentano uno spasmo (blocco) del diaframma e/o retrazioni a carico dei muscoli inspiratori accessori (scaleni, sternocleidomastoideo, piccolo pettorale, ecc.) e incontrano difficoltà durante l'espirazione.
In questi casi è consigliabile una rieducazione respiratoria, con allungamento indiretto dei muscoli inspiratori e sblocco del diaframma.
Le tecniche di stretching presentano anche delle controindicazioni, infatti, sono da proscrivere nei seguenti casi:
  • recenti lesioni osteoarticolari (fratture, lussazioni, distorsioni) o muscolo-tendinee (stiramenti, strappi, ecc.)
  • processi infettivi o infiammatori articolari acuti
  • blocchi articolari strutturali
Inoltre, esse vanno applicate con "parsimonia" in caso di lassità capsulo-legamentosa.


STRETCHING GLOBALE E CATENE MUSCOLARI
Lo stretching globale si differenzia dagli altri metodi, fondamentalmente perché prevede l'allungamento dolce e progressivo non del singolo muscolo, ma di diverse catene muscolari contemporaneamente.
Esso deriva dalla rieducazione posturale globale (RPG), ideata dal terapista francese Souchard, e trova applicazione, specialmente, nel trattamento delle retrazioni delle catene muscolari statiche. Lo "stretching globale attivo" è così definito perché, metodologicamente, si prefigge l'allungamento globale delle catene miofasciali, con l'aiuto di contrazioni isometriche eccentriche eseguite dal soggetto (attivo). Esso si attua attraverso l'esecuzione di determinate posizioni, definite "posture", da mantenere per alcuni minuti allo scopo di elasticizzare le catene muscolari ipoestensibili o retratte, le quali sono individuate a priori attraverso un accurato esame morfo-posturale del soggetto.

A questo proposito bisogna rammentare che alcuni distretti muscolari, come la catena posteriore, i muscoli intrarotatori degli arti e il diaframma, vanno incontro più facilmente a retrazioni.

Per "catena muscolare" si intende un insieme di muscoli connessi tramite il sistema fasciale e organizzati funzionalmente mediante un'attivazione tonica preferenziale. Le catene muscolari sono disposte longitudinalmente nel corpo umano.

I muscoli prevalentemente tonici (statici) sono organizzati in catene muscolari statiche, che costituiscono un vero e proprio "coordinamento statico".
Invece, i muscoli prevalentemente fasici (dinamici) sono organizzati in catene muscolari dinamiche o cinematiche, studiate da diversi autori (Denys-Struyf, Busquet, Dudal).
Secondo Busquet esse rappresentano circuiti, in continuità di direzione e di piano, attraverso i quali si propagano le forze organizzatrici del corpo. Esse determinano e influenzano i movimenti di flessione, estensione, inclinazione e torsione del nostro corpo, nonché i movimenti dei muscoli masticatori e oculomotori.
La differenza tra le catene muscolari statiche e dinamiche è soprattutto didattica, perché la fisiologia ci insegna che nel corpo umano non esistono muscoli completamente fasici o tonici e pertanto molti muscoli appartengono sia a catene statiche sia dinamiche.
Pertanto, le tecniche di stretching globale di seguito descritte determinano, certamente, lo stiramento contemporaneo di diverse catene muscolari, sia statiche sia dinamiche. Nel corpo umano secondo Souchard sono presenti le seguenti catene muscolari statiche con i corrispondenti muscoli:

  • catena principale posteriore (spinali, pelvi-trocanterici, glutei, ischiotibiali, popliteo, tricipite surale, plantari)
  • catena principale anteriore (pilastri e aponeurosi del diaframma, sternocleidomastoideo, lungo del collo, scaleni, ileopsoas, fascia iliaca, adduttori del pube, tibiale anteriore)
  • catena inspiratoria (diaframma e relativo tendine, scaleni, sternocleidomastoideo, intercostali, spinali dorsali, piccolo pettorale) 
  • catena superiore della spalla (trapezio superiore, deltoide medio)
  • catena antero-interna della spalla (coracobrachiale, sottoscapolare, grande pettorale clavicolare)
  • catena anteriore delle braccia (coracobrachiale, bicipite, brachiale, lungo supinatore, muscoli anteriori dell'avambraccio e dell'eminenza tenare e ipotenare)
  • catena antero-interna dell'anca (ileopsoas, fascia iliaca, adduttori del pube)
  • catena laterale dell'anca (piriforme, glutei, tensore fascia lata)

Le catene muscolari sono rappresentate da una serie di muscoli contigui tra loro, ogni singolo muscolo rappresenta un anello della catena che abbraccia l’intera struttura corporea.
Grazie a queste osservazioni  Mezieres raggruppò in 4 catene:

1.       La Catena Posteriore è la più estesa, è formata da tutti i muscoli profondi e superficiali che vanno dalla linea occipitale alla punta delle dita dei piedi. A livello cranio-sacrale troviamo:
a.    Sul piano superficiale: il trapezio e il gran dorsale. 
b.  Sul piano medio: i romboidei, l'elevatore della scapola e i dentati postero-superiori e postero-inferiori. 
c.    Il piano profondo può essere suddiviso a sua volta in tre piani : 
     1. Il piano superficiale comprende: l'erettore della colonna a sua volta suddiviso in tre porzioni che prendono nomi specifici in relazione al distretto rachideo nel quale si inseriscono. 
        2.  Il piano intermedio è rappresentato dal trasverso spinoso. 
        3.  Il piano profondo comprende invece i m. interspinosi e i m. intertrasversi.
Sulla regione posteriore dell'arto inferiore troviamo invece il semimembranoso, il semitendinoso, il bicipite femorale, gli adduttori, il popliteo, i gemelli, il soleo, il plantare gracile il tibiale posteriore, i flessori lunghi delle dita ed infine i flessori plantari sulla regione posteriore del piede. 

2.       La Catena Anteriore (del Collo) è formata dal piccolo e grande retto, dal lungo del collo e dal tendine centrale che collega il rachide cervicale al diaframma e all'asse viscerale. Il piccolo retto va dalla massa laterale dell'atlante all'apofisi basilare dell'occipite, il grande retto va dalle apofisi trasverse di C3-C6 all'apofisi basilare dell'occipite. Il lungo del collo è composto da tre parti: da fibre oblique discendenti,  fibre oblique ascendenti e da fibre longitudinali che collegano l'atlante a D1,D2,D3. Si estende quindi dall'apofisi basilare dell'occipite al corpo della terza vertebra dorsale. Quando prende punto fisso in basso porta in avanti il collo aumentando la lordosi cervicale. Quindi i muscoli della catena anteriore del collo pur avendo una inserzione anteriore accorciandosi aumentano la lordosi posteriore.

3.       La Catena Anteriore del Braccio è composta dal coraco-brachiale, dal bicipite, dal brachiale, dal brachio-radiale, dal lungo supinatore, da tutti i flessori e pronatori dell'avambraccio compresi i muscoli dell'eminenza tenar e ipotenar. Dal punto di vista filogenetico, il passaggio dell'uomo alla stazione eretta ha obbligato la muscolatura anteriore del braccio a lavorare prevalentemente in maniera concentrica, basti pensare al semplice e ripetuto movimento di portare del cibo alla bocca. E' dunque una catena più predisposta a fenomeni di retrazione. L'accorciamento cronico di questa catena determina una marcata flessione del gomito e una pronazione eccessiva dell'avambraccio alla quale si somma un' intrarotazione di tutto l'arto superiore ad opera posteriormente del gran dorsale e del gran rotondo (catena posteriore), anteriormente del gran pettorale.

4.       La Catena Antero-Inferiore è formata dal tendine centrale, dal diaframma, dall'ileopsoas e dalla fascia iliaca. Il diaframma ha inserzioni costali , una inserzione sternale e delle inserzioni vertebrali attraverso due gruppi di pilastri: i pilastri esterni originano sui corpi vertebrali delle prime vertebre lombari e sui dischi adiacenti, i due pilastri interni originano dall'arcata  fibrosa dello psoas e dall'arcata del quadrato dei lombi. Quando attraverso i suoi pilastri il diaframma prende punto fisso in alto, sulle coste e sullo sterno, porta la colonna lombare in alto e in avanti, è quindi un muscolo lordosizzante. L'inserzione comune con lo psoas determina ugualmente uno spostamento della colonna verso il basso ma sempre in avanti (riduzione del diametro verticale della colonna lombare), quindi anche l'ileopsoas ha un'azione lordosizzante che si ricollega inoltre al sistema sacro-lombare visto precedentemente, anch'esso ad azione lordosizzante. La scoperta dei meccanismi compensatori ci spiega che una tensione troppo forte dei gruppi muscolari posteriori provoca sempre una rotazione  interna degli arti e un blocco diaframmatico in inspirazione.  Il primo comportamento si spiega facilmente dal momento in cui i rotatori interni sono solidali con i muscoli posteriori. Per quanto riguarda il secondo comportamento, lo attribuiamo ai pilastri diaframmatici.  Essi si inseriscono sulle vertebre D12,  L1, L2, L3, L4 e le loro inserzioni sono comuni a quello dello psoas, che a sua volta si  inserisce ugualmente su L5, unendosi al muscolo iliaco.  Anche il diaframma quindi fa parte dei muscoli lordosizzanti quando sposta la regione lombare in avanti e in alto e lo psoas-iliaco agisce in avanti e in basso, sulla curva lombare e sul bacino. Il muscolo diaframmatico interviene nella statica e influenza la morfologia. Il diaframma determina una lordosi alta e corta, tendente verso l’alto, mentre lo psoas genera una lordosi più estesa orientata verso il basso. Questi due muscoli agiscono in sinergia con l’insieme dei muscoli posteriori.



LE PRINCIPALE CATENE MUSCOLARI


LE CATENE MUSCOLARI DEL BRACCIO

LA CATENA INSPIRATORIA E LE CATENE MUSCOLARI DELL'ANCA

Queste catene muscolari possono essere stirate utilizzando quattro gruppi di posture (vedi tabella successiva) denominate:
  • apertura dell'angolo coxo-femorale, braccia addotte
  • apertura dell'angolo coxo-femorale, braccia abdotte
  • chiusura dell'angolo coxo-femorale, braccia addotte
  • chiusura dell'angolo coxo-femorale, braccia abdotte

Ciascuna postura deve essere mantenuta da uno a più minuti, con una respirazione lenta e ritmica che privilegi la fase espiratoria e con l'eliminazione di qualsiasi compenso corporeo. Infatti, questo importante metodo è denominato anche "stretching globale decompensato".
Per compenso, in tal caso, intendiamo un meccanismo automatico antalgico attuato dal nostro corpo per evitare le sensazioni dolorose derivanti dall'allungamento delle strutture miofasciali, le quali cercano di accorciarsi in un'altra zona (tutto questo, allo scopo di compensare).
L'espirazione lenta e prolungata, richiesta in tutte le posture, permette di ottenere un allungamento indiretto della catena inspiratoria (diaframma, muscoli inspiratori e relative fasce).


LE CATENE MUSCOLARI STIRATE 
NELLE DIVERSE FAMIGLIE DI POSTURE
GRUPPI DI POSTURE
CATENE STIRATE
Apertura delle anche, braccia addotte
INSPIRATORIA
Principale anteriore - Antero interna delle anche Superiore della spalla - Anteriore delle braccia Laterale delle anche
Apertura delle anche, braccia abdotte
INSPIRATORIA
Principale anteriore - Antero interna delle anche Antero interna della spalla - Anteriore delle braccia Laterale delle anche
Chiusura delle anche,
braccia addotte
INSPIRATORIA
Principale posteriore - Superiore della spalla - Anteriore delle braccia - Laterale delle anche
Chiusura delle anche, braccia abdotte
INSPIRATORIA
Principale posteriore - Antero interna della spalla Anteriore delle braccia - Laterale delle anche

L'utilizzo sistematico dello stretching globale, permette di ottenere i seguenti benefici:
  • elasticizzare le catene muscolari ipoestensibili o retratte
  • migliorare l'ampiezza di movimento e la fluidità del gesto
  • prevenire i danni da sovraccarico funzionale e i traumi muscolo-tendinei
  • ridurre o eliminare dolori di origine posturale
  • stimolare la circolazione dei fluidi
  • contribuire al riequilibrio posturale
Questo metodo non presenta particolari controindicazioni e, una volta appreso, può essere eseguita sotto forma di "autoposture".

Comunque, la presenza di un operatore permette, tra l'altro, di insistere su diverse zone della catena muscolare con la tecnica post-isometrica (contrazioni statiche di un determinato settore muscolare), per enfatizzare i risultati.


GRUPPI E TIPOLOGIE DI POSTURE
GRUPPI DI POSTURE
POSTURE
Apertura delle anche, braccia addotte
1) Supina con arti inferiori distesi e addotti.
2) In ginocchio col dorso sulla palla
Apertura delle anche, braccia abdotte
3) Supina con arti inferiori distesi e abdotti.
Chiusura delle anche,
braccia addotte
4) Supina con arti inferiori addotti.
5) Supina con gambe a rana.
6) Supina con arti inferiori abdotti
7) Seduta con arti inferiori addotti.
8) Seduta con arti inferiori abdotti.
9) Seduta con gambe a rana.
10) In piedi con busto inclinato avanti (con e senza rialzo sotto gli avampiedi).
Chiusura delle anche, braccia abdotte
11) Supina con arti inferiori addotti.
12) Supina con arti inferiori abdotti.

Prima di intraprendere un programma di stretching globale, è necessario analizzare il soggetto con semplici test, per valutare il grado di elasticità delle catene muscolari anteriore e posteriore.


Test per valutare l'elasticità della catena principale anteriore
Test per valutare l'elasticità della catena principale posteriore
Una volta individuate le principali catene muscolari ipoestensibili o retratte, si stabiliscono le posture di allungamento più adatte per il singolo soggetto.
Quasi tutte le posture riportate nella tabella sopra esposta possono essere eseguite usando solo un tappetino e una parete, ma sarebbe difficile eliminare alcuni compensi.


Test per valutare il grado d'elasticità della catena principale posteriore

Sul mercato esistono varie attrezzature molto utili, efficaci e capaci di risolvere diversi dettagli tecnico-applicativi.
Innanzitutto, esse permettono, attraverso particolari dispositivi, di regolare la posizione del soggetto in postura di allungamento gradualmente e in base al suo grado di elasticità.
Inoltre facilitano la soppressione dei compensi messi in atto dal soggetto e permettono l'esecuzione di particolari posture, efficaci e comode.
Alcuni di questi attrezzi permettono al soggetto, anche di eseguire in modo autonomo contrazioni statiche (tecnica post-isometrica) contro appositi elementi di contrasto. Essi offrono al soggetto e all'operatore, anche la possibilità di visualizzare i risultati ottenuti al termine di una seduta o di un programma di stretching globale.


TECNICHE DI STRETCHING GLOBALE
Di seguito sono illustrate alcune posture di stretching globale con l'indicazione delle catene muscolari maggiormente allungate.

Postura supina con chiusura delle anche e braccia abdotte -
Allungamento catene posteriore e antero-interna della spalla
Postura supina con chiusura delle anche e braccia abdotte
Postura in ginocchio con apertura delle anche e dorso in appoggio sulla palla -
Allungamento catena anteriore (il capo del soggetto va posto in appoggio)

Lo stretching globale trova indicazione in tutte le situazioni in cui sono presenti  catene muscolari retratte o ipoestensibili.
Esso costituisce un aspetto fondamentale del recupero funzionale nella traumatologia e nella chirurgia dell'apparato locomotore.
Lo stretching globale è particolarmente indicato (in associazione ad altre tecniche chinesiterapiche) nel fitness posturale e in particolare nella prevenzione e nel recupero funzionale di:
  • rachialgie
  • disordini posturali
  • patologie della terza età
  • traumi sportivi
In conclusione, è necessario sottolineare l'importanza di una  collaborazione costante e intelligente tra fisioterapista, medico e operatore di Fitness Posturale al fine di garantire al soggetto il massimo recupero funzionale possibile.
© Copyright NABBA Italia


Bibliografia
  1. Anderson B. The perfect pre-run stretching routine. Runners Word. 13(5): 56-61, 1978.
  2. Sölveborn S.A. Das Buch vom Stretching. Beweglichkeitstraining durch Dhenen und Strecken. Monaco di Baviera, 1983.
  3. Heyward V.H. Designs for fitness. Minneapolis, 1984.
  4. Björklund M., Hamberg J., Crenshaw G. Sensory adaptation after a 2-week stretching regimen of the rectus femoris muscle. Arch Phys Med Rehabili. 82: 1245-1254, 2001.
  5. Alter M.J. Ciência della flexibilidade. Artmed Ed. Porto Alegre (Brasil), 1999.
  6. Alter M.J. Science of flexibility. Ed Human Kinetics. Champaign Ill., 1996.
  7. Bisciotti G.N., Bertocco R., Gaudino C., Iodice P.P. Insulto traumatico e deficit elastico muscolare. Sport e Medicina. 6:35-39, 2001.
  8. Bisciotti G.N. Il corpo in movimento. Edizioni Corrrere. Milano, 2003.
  9. Maruyama K., Kimura S., Yoshidomi H., Sawada H., Kikuchi. Molecular size and shape of B-connectin, an elastic protein of striate muscle: Journal of Biochemistry. 95(5): 1423-1433, 1984.
  10. Kurzban G.P., Wang K. Giant polypeptides of skeletal muscle titin: sedimentation equilibrium in guanidine hydrocloride. Biochemical and Biophysical Research Communication. 150:1155-1161, 1988.
  11. Trinick J., Knight P., Whiting A. Purification and properties of native titin. Journal of Molecular Biology. 180(2): 331-356, 1984.
  12. Wang K.R., McCarter J., Wright J., Beverly J., Ramirez-Mitchell R. Regulation of skeletal muscle stiffness and elasticity by titin isoforms: A test of the segmental extension model of resting tension. Proceedings of the National Academy of Science (USA). 88(6): 7101-7105, 1991.
  13. Furst D.O., Osborn M., Nave R., Weber K. The organisation of titin filaments in the half-sarcomere revealed by monoclonal antibodies in immunoelectron microscopy: A map of ten non repetitive epitomes starting at the Z-line extends close to the M-line. Journal of Cell Biology. 106(5): 1563-1572, 1988.
  14. Itoh Y., Susuki T., Kimura S., Ohsashi K., Higuchi H., Sawada H., Shimizu T., Shibata M., Maruyama K. Extensible and less-extensible domains of connectin filaments in stretched vertebrate skeletal muscle as detected by immunofluorescence and immunoelectron microscopy using monoclonal antibodies. Journal of Biochemistry (Tokyo). 104: 504-508, 1988.
  15. Whiting A., Wardale J., Trinick J. Does titin regulate the length of the muscle thick filaments? Journal of the Molecular Biology. 205(1): 263-268, 1989.
  16. Wiemann K., Hahn K. Influence of strength, stretching and circulatory exercises on flexibility parameters of the human hamstrings. Int J Sports Med. 18: 340-346, 1997.
  17. Magid A., Law D.J. Myofibrils bear most of the resting tension in frog skeletal muscle. Science. Dec 13, 230(4731):1280-1282, 1985.
  18. Hutton R.S. Neuromuskulare Grundlagen des Stretching in: Komi P.V., Kraft und Schnellkraft im Sport.Colonia. 155-172, 1994.
  19. Proske U., Morgan D.L. Do cross-bridge contribute to the tension during stretch of passive muscle ? J Muscle Res Cell Motil. Aug 20 (5-6): 433-442, 1999.
  20. Wydra G. Stretching ein berblick über den aktuellen Stand der Forschung. Sportwissenschaft. 4:409-427, 1997.
  21. Wiemann K., Klee A. Die Bedeutung von Dehen und Stretching in der Aufwärmphase vor Höchsstleistungen. de Leistungssport. 4: 5-9, 2000.
  22. Trappe T.A., Carrithers J.A., White F., Lambert C.P., Evans W.J., Dennis R.A. Titin and nebulin content in human skeletal muscle following eccentric resistance exercise. Muscle Nerve. Feb 25(2): 289-292, 2002.
  23. Lieber R.L., Thornell L.E., Friden J., Muscle cytoskeletal disruption occurs within the first 15 min of cyclic eccentric contraction. J Appl Physiol. 80(1): 278-284, 1996.
  24. Lieber R.L., Woodburn T.M., Friden J. Muscle damage induced by eccentric contractions of 25% strain. J. Appl. Physiol. 70: 2498-2507, 1991.
  25. Houk J.C., Singer J.J., Goldman M.R. Adequate stimulus for tendon organs to forces applied to muscle tendon. Journal of Neurophysiology. 30: 466-481, 1971.
  26. Moore J.C. The Golgi tendons organs: A review and update. American Journal of Occupational Therapy. 38(4): 227-236, 1984.
  27. Barr M. The human nervous system, anatomic viewpoint (3rd ed.). Harper & Row, Hagerstown, 1979.
  28. Kandel E.R., Swartz J. H. Principles of neural science. Elsevier Ed. New York, 1981.
  29. Lundberg A. Control of spinal mechanism from the brain. In: D.B. Tower (Ed.), The nervous system. The basic neurosciences, Vol 1: 253-265, 1975.
  30. Brooks G.A., Fahey T.D. Fundamentals of human performance. McMillian Ed. New York, 1987.
  31. Jami L. Golgi tendon organs in mammalian skeletal muscle: Functional properties and central actions. Physiological Reviews. 72(3): 623-666, 1992.
  32. Solomonow M., D'Ambrosia R. Neural reflex arcs and muscle control of knee stability and motion. In: W.N. Scott (Ed.), Ligament and extensor mechanism injuries of the knee. St Laois. Mosby-Year Book. 1991.
  33. Tilney F., Pike F.H. Muscular coordination experimentally studied in its relation to the cerebellum. Archives of Neurology and Psychiatry. 13(3): 289-334, 1925.
  34. Rao V. Reciprocal inhibition: Inapplicability to tendon Jerks: Journal of Postgraduate Medicine. 11: 123-125, 1965.
  35. Kudina L. Reflex effects of muscle afferents on antagonists studies on single firing motor units in man. Electroencephalograpy and Clinical Neurophysiology. 50(3-4): 214-221, 1980.
  36. De Luca C. Control properties of motor units. Journal of Experimental Biology. 115: 125-136, 1985.
  37. Johns R.J., Wright V. Relative importance of various tissues in joint stiffness. J Appl Physiol. 17(5): 824-828, 1962.
  38. Garfin S.R., Tipton C.M., Mubarak S.J., Woo S.L., Hargens A.R. Aekson W.H. Role of fascia in maintenance of muscle tension and pressure. J Appl Physiol. 51(2): 317-320, 1981.
  39. Manheim C.J., Levett D.K. The myofascial release manual: Thorofare NJ Slack Ed., 1989.
  40. Patel T.J., Lieber RL. Force transmission in skeletal muscle: from actomyosin to external tendon. Exerc Sport Sci Rew. 25 : 321-363, 1997.
  41. Huijing P.A. Muscle as a collagen fiber reinforced composite: a review of force transmission in muscle and whole limb. J Biomech. 32(4): 329-345, 1999.
  42. Monti R.J., Roy R.R., Hodgson J.A., Edgerton V.R. Transmission of forces within mammalian skeletal muscles. J Biomech. 32(4): 371-380, 1999.
  43. Wolpaw J.R., Carp J.S. Memory traces in spinal cord. Trends in Neuroscience. 13(4): 137-142, 1990.
  44. Goldspink G. Sarcomere length during-post natal growth in mammalian muscle fibres. Journal of Cell Science. 3(4): 468-479, 1968.
  45. Williams P.E., Goldspink G. Longitudinal growth of striated muscle fibers Journal of Cell Science. 9(3): 751-767, 1971.
  46. Azemar G. Physiopathologie de la souplesse. Travaux et Recherches. Special Souplesse. 3:61-74, 1978.
  47. Halbertsma J.P.K., Göeken L.N.H. Stretching exercises: Effect on passive extensibility and stiffness in short hamstring of healty subjects. Archivies of Physical Medicine and Rehabilitation. 75(9): 976-981, 1994.
  48. Halbertsma J.P.K., Van Bolhuis A.I., Göeken L.N.H. Stretching exercises: Effect on passive extensibility and stiffness of short hamstring. Archivies of Physical Medicine and Rehabilitation. 77(7): 688-692, 1996.
  49. Akeson W.H., Amiel D., Woo S. Immobility effects on synovial joints: The pathomechanism of joint contracture. Biorheology. 17(1): 95-110, 1980.
  50. Nikolic V., Zimmermann B. Functional changes of the tarsal bones of ballet dancers. Radovi Fakuelteta u Zagrebu. 16: 131-146, 1968.
  51. Rosenbaum D., Hennig E.M. The influence of stretching and warm-up exercises on Achilles tendon reflex activity. Journal of Sports Sciences. 13(6): 481-490, 1995.
  52. Siff M.C. Exercise and soft tissues. Fitness and Sport Review International. 28(1): 32, 1993.
  53. Iashvili A.V. Active and passive flexibility in athletes specializing in different sports. Soviet Sports Review. 18(1): 30-32, 1983.
    Zachazewski J.E. Flexibility for sports. In : Sports physical therapy. Ed. B. Sanders, 201-238. Norwalk, 1990.
  54. Kurz T. Stretching Scientifically: A guide to flexibility training. Island Pond Stadion Ed., 1994.
  55. Moore M.A., Kukulka C.G. Depression of Hoffman reflexes following voluntary contraction and implication for propioceptive neuromuscular facilitation therapy. Physical Therapy. 71(4): 321-333, 1991.
  56. Moore M.A., Hutton R.S. Electromyographyc investigation of muscle stretching techniques. Medicine and Science in Sport and Exercise. 12(5): 322-329, 1980.
  57. Campbell K.S., Lakie M. A cross-bridge mechanism can explain the thixotropic short-range elastic component of relaxed frog skeletal muscle. J Physiol 1(510): 941-962, 1998.
  58. Guissard N. Duchateau J., Hainaut K. Muscle stretching and motoneuron excitability. Eur J Appl Physiol Occup Physiol. 58(1-2): 47-52, 1988.
  59. Condon S.M., Hutton R.S. Soleus muscle electromyographic activity and ankle dorsiflexion range of motion during four stretching procedures. Phis Ter. 67(1): 24-30, 1987.
  60. Freiwald J., Engelhardt M., Jager M, Gnewuch A., Reuter I., Wiemann K., Starischka S. Stretching do current explanatory models suffice? Sportverletz Sportschaden. 12(2): 54-59, 1998.
  61. Middleton P., Trouve P., Puig P. Etude critique des rapports agonistes/antagonistes concentriques chez le sportif. Actualités en réeducation fonctionelle. Masson Ed. 19° serie 18-21, 1994.
  62. Armstrong RB. Initial events in exercise induced muscular injury. Med. Sci. Sports Exerc. 22: 429-437, 1990.
  63. Cuillo J.V, Zarins B. Biomechanics of the musculotendinous unit: relation to athletic performance and injury. Clin Sports Med 1983; 2: 71-86.
  64. Garret W.E. Muscle strain injury: clinical and basic aspects. Med. Sci. Sports Exerc. 22: 439-443, 1990.
  65. Roy R.R., Hutchinson D.J., Pierotti J.A., Hodgson J.A., Edgerton V.R. EMG patterns of rat ankle extensor and flexors during treadmill locomotion and swimming. J. Appl. Physiol. 70: 2522-2529, 1991.
  66. Stauber W.T. Eccentric action of muscles: physiology, injury and adaptation. Exerc. Sport Sci. Rev. 17: 157-185, 1989.
  67. Elftman H. Biomechanics of muscle. J. Bone Joint Surg. 48A : 363, 1966.
  68. Garrett W.E., Safran M.R., Seaber AV. Biomechanical comparison of stimulated and non stimulated skeletal muscle pulled to failure. Am. J. Sports Med. 15: 448-454, 1987.
  69. Brewer B.J. Instructional Lecture American Academy of Orthopaedic Surgeons 17: 354-358, 1960.
  70. Friden J., Lieber R.L. Structural and mechanical basis of the exercise-induced muscle injury. Med. Sci. Sports Exerc. 24: 521-530, 1992.
  71. Lexell J., Henriksson-Larsen K., Sjostrom M. Distribution of different fibre types in human skeletal muscles. A study of cross-sections of whole m. vastus lateralis. Acta Physiol. Scand. 117: 115-122, 1983.
  72. Russell B., Dix D.J., Haller D.L. Repair of injured skeletal muscle: a molecular approach. Med. Sci. Sports Exerc. 24: 189-196, 1992.
  73. Taylor D.C., Dalton J.D. Experimental muscle strain injury. Am. J. Sports Med. 21: 190-194, 1993.
  74. Tidball J.G., Myotendinous junction injury in relation to junction structure and molecular composition. Exerc. Sports Sci. Rev. 19 : 419-445, 1991.
  75. Van Mechelen W., Hlobil H., Kemper H.C., Voorn W.J, De Jongh H.R. Prevention of running injuries by warm-up, cool down, and stretching exercises. Am J Sports Med. Sep-Oct;21(5):711-9, 1993.
  76. Pope R.P., Herbert R.D., Kirwan J.D Effects of ankle dorsiflexion range and pre-exercise calf muscle stretching on ijury risk in Army recruits. Aust J Physiother. 44(3) : 165-172, 1998.
  77. Pope R.P., Herbert R., Kirwan. J.D., Graham B.J. A randomized trial of pre-exercise stretching for prevention of lower limb injury. Med Sci Sports Exerc. 32(2) : 271-277, 2000.
  78. Magnusson S.P., Aagaard P., Simonsen E.B., Bojsen-Moller F. A biomechanical evaluation of cyclic and static stretch in human skeletal muscle. Int J Sports Med. 19: 310-316, 1998.
  79. Shrier I. Stretching before exercise does not reduce the risk of local injury: a critical review of the clinical and basic science literature. Clin J Sports Med. 9(4): 221-227, 1999.
  80. Travell J.G., Simmons D.G. Dolore muscolare. Ghedini Editore. Milano, 1988.
  81. Wiemann K., Klee A. Stretching e prestazioni sportive di alto livello. SdS, 49: 9-15, 2000.
  82. Kokkonen J., Nelson A.G., Cornwell A. Acute muscle stretching inhibits maximal strength performance. Research Quarterly for Exercise and Sport. 69(4): 411-415, 1998.
  83. Fowles J.R., Sale D.G., MacDougall J.D. reduced strength after passive stretch of human plantarflexor. J Appl Physiol. 89: 1179-1188, 2000.
  84. Nelson A.G, Guillory I.K, Cornwell C, Kokkonen J. Inhibition of maximal voluntary isokinetic torque production following stretching is velocity-specific. J Strength Cond Res. May;15(2):241-6, 2001.
  85. Nelson A.G., Kokkonen J. Acute ballistic muscle stretching inhibits maximal strength performance. Res Q Exerc Sport. 72(4): 415-419, 2001.
  86. Henning E., Podzielny S. Die Auswirkung von dehn – und Aufwärmübungen auf die Vertikalsprungleistung. Deutsche Zeitschrift für Sportmedizin. 45: 253-260, 1994.
  87. Knudson D., Bennet K., Corn R., Leick D., Smith C. Acute effects of stretching are not evident in the kinematics of vertical jump. Journal Strength Conditioning Research. 15(1): 98-101, 2001.
  88. Church J.B., Wiggins M.S., Moode F.M., Crist R. Effect of warm-up and flexibility treatments on vertical jump performance. Journal Strength Conditioning Research. 15(3): 332-336, 2001.
  89. Cornwell A., Nelson A.G., Sidaway B. Acute effect of stretching on the neuromechanical properties of the triceps surae muscle complex. Eur J Appl Physiol. 86: 428-434, 2002.
  90. Güllich A., Schmidtbleicher D. Methodik des Krafttrainings. In: Sievers A, Muskelkrafttraining. Vol 1: 17-71. Kiel, 2000.
  91. Evans W.J., Cannon J.G. The metabolic effect of exercise-induced muscle damage. Exerc Sport Sci Rev. 19:99-125, 1991.
  92. Ullrich K., Gollhofer A. Physiologische Aspekte und Effektivitat unterschiedlicher Dehnmethoden. Sportmedizin. 45: 336-345, 1994.
  93. Lieber R.L., Shah S., Friden J. Cytoskeletal disruption after eccentric contraction-induced muscle injury. Clin Orthop. Oct (403 suppl) S90-99, 2002.
  94. Johansonn P.H., Lindstrom L., Sundelin G., Lindstrom B. The effects of pre-exercise stretching on muscular soreness, tenderness and force loss following heavy eccentric exercise. Scand J Med Sci Sports. 9(4): 219-225, 1999.
  95. Wessel J., Wan A. Effect of stretching on the intensity of delayed-onset muscle soreness. Clinical Journal of Sport Medicine. 4(2): 83-87, 1994.
  96. Buroker K.C., Schwane J.A. Does post exercise static stretching alleviate delayed muscle soreness?Physician an Sport Med. 17(6): 65-83, 1989.
"Un viaggio di mille miglia comincia sempre con un primo passo" - Lao Tzu -